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Usa, Montana: 30 anni di carcere se protesti contro gli oleodotti

Nel Montana, Stati Uniti, protestare contro gli oleodotti potrebbe diventare presto molto costoso, sia in termini economici sia di libertà personale. La proposta [1] che arriva dai repubblicani dello Stato americano è di quelle forti e il Governatore Greg Gianforte è pronto a metterci la firma. La nuova legge criminalizzerebbe le proteste contro gli oleodotti con multe fino a 150.000 dollari e 30 anni di carcere per le persone fisiche e con multe fino a 1,5 milioni per le organizzazioni considerate come “cospiratrici” e sostenitrici delle proteste.

Una tale legislazione sarebbe certamente un forte deterrente nei riguardi degli ecologisti e degli attivisti ambientali oltre che nei confronti delle popolazioni indigene che sono la “prima linea” di resistenza contro i progetti delle mega-infrastrutture che servono al settore dell’energia fossile. Infatti, molto spesso i “serpenti neri” – come vengono chiamati dagli indigeni – corrono lungo territori con sovranità tribale, non rispettando quindi i trattati, i diritti e la volontà delle popolazioni indigene locali delle riserve. «Quello che vedono negli ultimi anni è quanto sia importante la voce dei nativi americani», ha detto Keaton Sunchild, direttore politico di Western Native Voice [2].

Questo è confermato dallo stesso Steve Gunderson, il principale sponsor del disegno di legge del Montana, che ha invocato le proteste contro l’oleodotto Dakota Access Pipe Line (DAPL), nel vicino South Dakota, come motivo per introdurre la legislazione. Lo stesso Gunderson che, per la propria campagna politica, ha preso soldi dai PAC legati a Phillips 66, Conoco, Northwestern Energy, Montana Wood Products Association e Weyerhaeuser.

Negli USA, le leggi che impongono multe severe per le proteste contro le infrastrutture per i combustibili fossili [3] sono sorte negli ultimi. Una trentina di stati [4] hanno una qualche forma di legge, molte delle quali hanno come modello l’American Legislative Exchange Council, per proteggere ciò che è legalmente noto come “infrastruttura critica”. L’obiettivo è semplice: sedare la libertà di parola e mettere a tacere l’opposizione ai progetti sui combustibili fossili imponendo multe severe e pene detentive per i manifestanti che esercitano i loro diritti.

[di Michele Manfrin]