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Green Pass e coprifuoco: i reali dubbi scientifici sulle misure anti-Covid

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge, che sarà in vigore dal 26 aprile al 31 luglio, avente ad oggetto le nuove misure anti-Covid con le quali è stato stabilito il mantenimento del coprifuoco alle ore 22 almeno fino al primo giugno (potrà poi essere rivalutato) nonché l’introduzione del green pass, un certificato necessario per gli spostamenti in entrata e in uscita dalle regioni di colore rosso ed arancione. Ma i dubbi circa la scientificità e la legittimità di tali decisioni sono numerosi.

Le caratteristiche indispensabili per ottenere il green pass sono: aver completato il ciclo di vaccinazione oppure essere guariti dal Covid ed avere un certificato che lo dimostri o ancora esibire un test molecolare o rapido con esito negativo effettuato entro le 48 ore precedenti allo spostamento. Tali requisiti, però, non si poggiano su delle solide basi scientifiche: in tal senso vari scienziati hanno partecipato ad una recente audizione informale alla Commissione affari costituzionali del Senato, tra questi anche il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e coordinatore del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli, il quale ha rilasciato delle dichiarazioni circa la possibilità che i vaccinati trasmettano il virus. «L’immunità sterilizzante, intendendosi con questa la capacità di prevenire un contagio e poi per il vaccinato di essere a sua volta contagiante, è un aspetto su cui ci sono ancora significativi punti di domanda», ha affermato il medico. Dunque, alla luce di ciò, risulta chiaro che il governo ha assunto una decisione che potrebbe rivelarsi priva di fondamento scientifico e di conseguenza inutile.

Inoltre, il fatto che i cittadini non vaccinati possano ottenere il certificato solo esibendo un covid test negativo genera anche problemi dal punto di vista dell’equità e della giustizia sociale, in quanto tale modus operandi provoca una disparità tra i soggetti vaccinati e guariti e quelli che, invece, dovranno sottoporsi costantemente al test per ottenere il pass. Infatti, i test molecolari così come quelli rapidi effettuati su base volontaria non sono gratuiti: seppur il loro prezzo cambi da regione a regione, il costo dei primi si aggira mediamente intorno ai 70 euro mentre quello dei secondi intorno ai 25 euro. E questa differenza di trattamento diventa ancora più inspiegabile se si considera che i soggetti discriminati non sono esclusivamente quelli che hanno scelto di non vaccinarsi, ma anche coloro che non si sono ancora potuti sottoporre al siero anti Covid perché non ancora chiamati. A tal proposito, in Italia ad oggi su un totale di 60.36 milioni di abitanti solo 4.773.616 milioni [1] di persone hanno completato il ciclo vaccinale.

Per quel che concerne la legittimità dell’introduzione del green pass, poi, va ricordato un intervento [2] del vice Presidente del Garante per la protezione dei dati personali riguardo al tema dell’obbligatorietà del vaccino e della immissione di un pass vaccinale. «Se non c’è obbligo di vaccino, se ne devono trarre tutte le necessarie conseguenze. Ovvero che non sono ammissibili forme alcune di discriminazione, nel senso di limitazione e compressione di diritti in danno dei soggetti che non abbiano ancora potuto vaccinarsi o rinunzino alla copertura vaccinale. Ne discende, dunque, che la previsione di un pass/certificato recante informazioni sulla sottoposizione del cittadino al vaccino introdurrebbe, direttamente, un trattamento discriminatorio e sanzionatorio per i non vaccinati e, in forma surrettizia, l’obbligo del vaccino».

Infine, anche il coprifuoco imposto dal governo non risulta essere giustificato dalle evidenze scientifiche. Sono diversi, anzi, gli studi [3] dai quali si apprende che la possibilità di infettarsi all’esterno sia estremamente bassa. Ad esempio, una ricerca dell’Health Protection Surveillance Centre (Hpsc), l’ente che monitora la situazione epidemiologica in Irlanda, ha dimostrato che solo un contagio su mille è riconducibile ad un’infezione avvenuta all’aperto. Dunque la strada del coprifuoco sulla quale il governo continua ad insistere non ha alcun fondamento nella scienza. E l’operato dell’esecutivo diventa ancora più enigmatico se si considera che a partire dal mese di giugno probabilmente i ristoranti potranno aprire anche al chiuso: ciò è in contrasto con quanto rivelato da un’analisi dell’Università della California, la quale ha sottolineato che la possibilità di contrarre il Covid in un ambiente chiuso sia 19 volte maggiore rispetto a quella di contrarlo all’aria aperta.

Ma la spiegazione circa la non scientificità delle misure stabilite dall’esecutivo potrebbe risiedere nelle recenti dichiarazioni di alcuni tecnici del Comitato tecnico-scientifico riportate dall’agenzia di stampa Agi [4], in base alle quali il Cts non sarebbe mai stato consultato sul coprifuoco e la decisione di istituirlo sarebbe sempre stata esclusivamente politica.

[di Raffaele De Luca]