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L’Italia costruirà una base militare in Africa, per fare cosa?

In tempi di pandemia, l’Italia costruirà la sua prima base militare in Africa occidentale, più precisamente in Niger. Il Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, dopo l’incontro avuto con la sua omologa francese – Florence Parly – avvenuto lo scorso 13 aprile a Roma, ha annunciato che a partire dal mese di luglio inizierà la costruzione della base militare italiana in Niger, nel quadro della missione bilaterale MISIN. Nessun passaggio parlamentare è però avvenuto, né per la discussione né per l’approvazione.

La missione MISIN è stata avviata dopo gli accordi bilaterali tra Francia e Italia del 26 settembre 2017. Come affermato dal Governo [1], la missione ha lo scopo di «incrementare le capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel». L’area geografica di intervento della missione è quindi, in realtà, allargata anche a Mauritania, Nigeria e Benin, sempre come specificato dal Governo italiano.

L’assistenza militare fornita [2] alle forze di sicurezza nigerine, tra le altre cose, ha visto l’Esercito italiano impegnato nell’addestramento delle capacità aviolancistiche del battaglione paracadutisti nigerino mentre i Carabinieri hanno fornito supporto in corsi di antiterrorismo. Le attività di assistenza e formazione da parte dei militari italiani sono indirizzate alle forze armate e alle task force “speciali”, alla Gendarmeria e alla Guardia nazionale. L’impegno italiano è anche volto alla sorveglianza delle frontiere e del territorio. La missione MISIN ha anche sviluppato, in maniera ambigua, la cooperazione civile-militare a supporto di enti locali, sia civili che militari.

L’annuncio della costruzione della base militare italiana arriva un mese dopo l’arrivo del contingente italiano in Mali nell’ambito della missione internazionaleTakuba [3]”, sotto il comando dello Stato Maggiore dell’Esercito francese, che vede la partecipazione di 13 paesi europei. La Francia, ex potenza coloniale che un tempo governava diversi Paesi dell’Africa occidentale, possiede attualmente circa 4.500 soldati nella regione mentre le Nazioni Unite, con la missione MINUSMA [4], contano una forza di peacekeeping di 13.000 unità.

Sebbene i presupposti possano sembrare lodevoli, la missione appare invece come subalterna agli enormi interessi che si incrociano nella regione, tanto di carattere geostrategico e militare quanto di natura economica, in un’area ricchissima di materie prime e attraversata da sanguinosi conflitti. Già nei mesi scorsi, ad esempio, un missionario italiano da tempo presente nel paese, padre Vito Girotto, aveva criticato duramente [5] la presenza dei militari italiani nel paese: «Quello che disturba è che l’Italia sia praticamente telecomandata dalla Francia. Sembra che vengano in Niger per difendere gli interessi francesi, legati all’uranio. È chiaramente neocolonialismo. Si cerca di mettere un piede qui perché il Niger, pur essendo povero, è ricco di materie prime»

[di Michele Manfrin]