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Ecuador, sentenza storica: 9 bambine dell’Amazzonia battono le aziende petrolifere

Nove ragazze dell’Amazzonia ecuadoriana e le loro rispettive comunità di origine, hanno vinto il ricorso presentato [1] dinanzi alla Corte provinciale di giustizia di Sucumbíos, con cui avevano chiesto allo Stato dell’Ecuador di assumersi le proprie responsabilità ambientali, di mettere al bando la pratica del gas flaring e di chiudere tutte le torri petrolifere esistenti. Dopo che l’istanza di ricorso era stata respinta, il 7 maggio 2020, per la mancanza di studi scientifici che attestassero le tragiche conseguenze dell’attività petrolifera sulla salute umana, le giovani hanno presentato ricorso in appello. In ultima istanza i giudici hanno ribaltato il verdetto dando loro ragione e stabilendo la chiusura definitiva delle torri. Nella sentenza viene dichiarato che lo Stato ecuadoriano ha ignorato il diritto dei firmatari – e di tutta la popolazione – di vivere in un ambiente sano, violando il diritto alla salute a causa dell’incapacità – o mancata volontà – delle autorità statali di promuovere tecnologie sostenibili e fonti di energia rinnovabili e non inquinanti. Una vera e propria vittoria per il paese, vista come l’inizio di una serie di provvedimenti e di risarcimenti per quanto concerne i danni arrecati in tutti questi anni alla comunità. Oltre 250 persone malate di cancro necessitano infatti urgentemente di assistenza medico-sanitaria.

Non solo, la sentenza riconosce anche che l’Ecuador ha sistematicamente violato gli obblighi internazionali sottoscritti in materia di cambiamenti climatici, e gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Queste infatti diminuirebbero del 24% qualora le oltre 400 torri petrolifere smettessero di funzionare. In alternativa, il gas naturale potrebbe essere destinato all’uso domestico o per la produzione di energia al fine di alimentare gli impianti petroliferi locali. In questo modo verrebbe rimesso nel processo e si eviterebbe la sua combustione. Queste soluzioni saranno adottabili nel momento in cui l’industria petrolifera ricorrerà al più presto a nuovi standard e a procedure innovative e sostenibili.

Una sentenza certamente storica, che impone alle aziende petrolifere di rimediare agli impatti sull’ambiente e sulla salute delle loro attività. Una vittoria, di certo, per le comunità dell’Amazzonia ecuadoriana, che da tempo lottano contro il gas flaring, ovvero la pratica di bruciare i gas di scarto derivanti dall’estrazione di petrolio e disperderne i fumi nell’ambiente. Una pratica che le aziende seguono per risparmiare sulla costruzione di infrastrutture di smaltimento adeguate. Il gas flaring è prassi consolidata nell’Amazzonia ecuadoriana sin dal 1967, quando la società petrolifera statunitense Chevron-Texaco ha iniziato la perforazione del primo giacimento. Un’area caratterizzata da ben più di 445 torri petrolifere, dove la popolazione che risiede in prossimità accusa un elevato tasso di tumori e di decessi ad esso correlati, come dimostra lo studio [2] del 2017 condotto da Clínica Almbiental. Sono infatti più di cinquant’anni che l’estrazione dell’oro nero inquina fortemente l’atmosfera e contamina il suolo e l’acqua del posto.

 

[Eugenia Greco]