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Cortina 2026: oltre la retorica delle olimpiadi “sostenibili” e a “impatto zero”

È dai gesti di esultanza di Beppe Sala, nel giugno 2019, che politica e media circondano le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 di un certo alone “green”. Titoli e dichiarazioni si susseguono, parlando di “olimpiadi a impatto zero”. Il governatore Zaia, solo per citare un politico, l’ha usata il mese scorso, affermando [1] che si possa «combattere insieme per un evento a impatto zero». Altre volte si vola molto più in alto e gli organizzatori parlano di Cortina ’26 come dell’occasione per trasformare le Dolomiti in un «laboratorio di economia circolare». La parola magica che più di tutte riempie la narrazione è “sostenibile”. Già nel dossier di candidatura [2] del 2019, la manifestazione veniva presentata retoricamente come «la più sostenibile di sempre» e col tempo la parola è stata usata come il prezzemolo.

L’esempio più recente è quello del logo ufficiale delle olimpiadi: Futura. Nel video di presentazione [3], si descrive il logo come «un semplice gesto di sostenibilità e integrazione, a simboleggiare che queste olimpiadi avrebbero un impatto ambientale leggero: come quello di un dito sulla neve». In realtà di leggero c’è solo l’uso che viene fatto di queste parole.

Per andare oltre la narrazione mediatica bisogna innanzitutto fare una premessa: «impatto zero» non significa «impatto nullo». Parlando di impatto zero si intende che ogni azione potenzialmente impattante debba essere limitata al massimo oppure compensata con azioni positive per non aggravare le emissioni nocive. Anche interpretando il concetto in questa maniera, però, parlare di olimpiadi a impatto zero sembra per ora generico e fuorviante.

Riportiamo alcuni fatti. A febbraio è emerso che i progetti per due delle quattordici sedi di gara presentano criticità in termini di sostenibilità. Si tratta della ristrutturazione della pista da bob “Eugenio Monti”, a Cortina, e della copertura dell’ovale per il pattinaggio, a Baselga di Piné. È il Comitato Internazionale Olimpico a farlo sapere. La pista a Cortina è inadeguata per gli attuali standard da bob, slittino e skeleton, e verrebbe rifatta, causando ulteriore consumo di suolo in un’area già molto antropizzata. Baselga di Piné pone invece anche problemi di sostenibilità a lungo termine. Poche persone praticano sport su ghiaccio: si rischia di avere un deficit dai 570 agli 830 mila euro l’anno, e di costruire nuove “cattedrali nel deserto”, ovvero impianti che, aldilà dei pochi giorni di gare, non avranno alcun utilizzo.

Un dato importante è di luglio 2020. Le foto pubblicate [4] dal forestale Luigi Casanova, dimostrano che i lavori per le Olimpiadi del 2026 e per i Mondiali di Sci 2021 hanno un notevole impatto sulle Dolomiti. Ad esempio: il paesaggio e l’ambiente naturale sul versante della Tofana di mezzo risultano sconvolti, in particolare per i lavori allargamento stradale: hanno comportato consumo di molto più suolo e abbattimento di centinaia di alberi secolari. Oppure: nella zona del Rumerlo è stato costruito un piazzale a funzione sia di parcheggio che di zona per la tribuna. Il terreno però è di riporto e presenterebbe già cedimenti strutturali irreversibili. Ancora: scogliere artificiali, cementazione eccessiva, cedimenti a valle, terreni non bonificati. E così via. Anche il Club Alpino Italiano ha reso noto [5] che i cantieri delle manifestazioni hanno provocato una forte pressione ambientale. I segni lasciati sul paesaggio di Gilardon, Col Fiere, Rumerlo e Cinque Torri, mostrano che la sostenibilità ambientale è subordinata ad altre logiche. Ma il problema maggiore sono i lavori per collegare Passo Falzarego, Arabba, Cortina e Alleghe. Previsti nel vecchio Piano Regionale Neve del 2013, erano stati accantonati da tempo perché giudicati insostenibili. Tuttavia adesso, in vista del 2026, sono ripresi.

È presto per concludere che le Olimpiadi 2026 non saranno sostenibili, molto dipenderà dalle iniziative che verranno finanziate e messe in campo per mitigare gli impatti, evidenti, delle opere in atto. Tuttavia ci sono quegli elementi minimi per affermare con certezza che fino ad ora non s’intravedono queste azioni e la “sostenibilità” appare niente più che uno slogan.

[di Andrea Giustini]