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Le praterie di mare servono all’ambiente come le foreste, anche se non lo sappiamo

Producono elevate quantità di ossigeno, sequestrano il carbonio, proteggono la linea di costa ed ospitano una consistente biodiversità. Sono solo alcuni dei ruoli svolti dalle fanerogame marine. In particolare, la Posidonia oceanica è la pianta superiore acquatica dalle maggiori capacità di sostentamento di ecosistemi diversificati e produttivi. Tuttavia, riscaldamento globale, inquinamento e crescente urbanizzazione lungo gli ambienti costieri minacciano le ‘praterie marine’ che queste specie formano, rischiando di compromettere le loro importanti funzioni. Per questo motivo, un recente studio [1] ha cercato di comprendere la loro tolleranza a tutti questi cambiamenti. Oltre a studiare la capacità di adattamento – o plasticità fenotipica – delle fanerogame marine, gli scienziati hanno anche analizzato delle possibili soluzioni. Nuove tecnologie di miglioramento genetico, ad esempio, che permettano di incidere sulla plasticità delle piante marine allo scopo di renderle più tolleranti agli stress ambientali. Questo permetterebbe, inoltre, di migliorare il successo dei programmi di conservazione e restauro ambientale.

Le fanerogame marine sono delle piante superiori che si sono originate da tre linee evolutive di monocotiledoni terrestri che, durante la metà del Cretaceo, hanno fatto ritorno al mare. Formando densi ed estesi prati sottomarini, hanno mostrato delle capacità di cattura del carbonio pari o superiori a quelle delle foreste pluviali. Abilmente riadattate all’ambiente marino, tuttavia, risultano anche maggiormente sensibili ai rapidi cambiamenti ambientali. ‘L’evoluzione assistita’ potrebbe, quindi, essere un’ottima soluzione.

[di Simone Valeri]