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Se 4 indizi fanno una prova: Biden ha scelto il ritorno alla guerra fredda con la Russia

Il problema del giornalismo mainstream è che rinuncia quasi sempre a fare il compito più importante che chi informa dovrebbe avere: unire i puntini. Ogni notizia viene trattata come un fatto di cronaca a sé stante, senza un ieri e un domani collegati. Così il fatto di ieri, con il presidente Usa che ha dato al suo omologo russo dell’assassino in diretta tv [1], e il conseguente annuncio di Mosca del ritiro “per chiarimenti” del proprio ambasciatore a Washington rischia di non essere colto nella cornice di fatti che serve a collocarlo. Non è una scaramuccia esplosa dal niente, e i presunti tentativi di Mosca di influire sulle presidenziali americane non ne sono la reale causa.

Da quando Biden si è insediato questo è il quarto atto chiaramente ostile nei confronti della Russia: per prima cosa il 9 febbraio [2] gli Usa hanno dispiegato 4 caccia bombardieri nella base di Orland in Norvegia, al manifesto scopo di avvertire la Russia che i suoi interessi nella regione artica sono sotto tiro poi, la settimana successiva [3], Biden è passato a minacciare l’Europa di sanzioni se non porrà fine al progetto del gasdotto Nord Stream 2, che porterebbe gas dalla Russia all’Europa direttamente attraverso il mar Baltico, senza passare per gli stati orientali controllati dagli Usa, e quindi privando il gigante a stelle e strisce della facoltà di controllarlo. Per ultimo, il 2 marzo, gli Usa hanno approvato nuove sanzioni economiche verso la Russia in seguito al “caso Navalny [4]“.

In questo quadro emerge con evidenza come l’ultimo atto di Biden non è solo una dichiarazione senza precedenti nella diplomazia, ma è una nuova mossa in una cornice geopolitica pianificata, quella di un ritorno a rapporti ostili e bellicosi verso la Russia.