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Lavoro minorile e deforestazione: i lati oscuri di una tavoletta di cioccolata

La lavorazione del cacao nelle piantagioni è una delle maggiori cause di sfruttamento minorile e della deforestazione principalmente in Africa. Un mercato mondiale da 123 miliardi di dollari l’anno che non guarda in faccia nessuno. Secondo i dati dell’Ong Slave Free Chocolate [1] un quarto dei minorenni che vivono in Africa occidentale vale a dire quasi 3 milioni, vengono sfruttati  per lavorare senza sosta nelle piantagioni di cacao, trasportando pesanti carichi nella totale insicurezza, respirando pesticidi e fertilizzanti nocivi utilizzati per aumentare la produttività. L’International Cocoa Initiative [2] ha confermato che lo sfruttamento minorile delle piantagioni di cacao con la recente pandemia e la conseguente crisi economica è aumentato del 21%.

Oltre al totale sfruttamento, alle violazioni dei diritti umani e ad una rapidissima deforestazione, la filiera delle multinazionali del cacao contribuisce all’emissione di  milioni di tonnellate di gas serra. Il 70% di tutta la produzione mondiale del cacao si concentra in Ghana, Costa d’Avorio, Sierra Leone e Camerun dove le foreste scompaiono a ritmo di 4,2% all’anno. Un’inchiesta del Guardian [3] denuncia che tra il 2001 e il 2014 in Ghana sono stati distrutti oltre 290.000 ettari di aree naturali protette e 7.000 kmq di selva. La Costa d’Avorio da sola, nel 2014, ha perso 328.000 ettari di foresta. Secondo alcune stime a causa del riscaldamento globale e della crescente e sfrenata richiesta di cioccolato, nel 2050 in Africa non ci saranno più piantagioni di cacao.