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Un’inchiesta svela le relazioni perverse tra la politica italiana e l’Eni

Un accordo segreto siglato nel 2008 dimostra la forte intesa tra il Ministero degli Esteri Italiano e il gigante energetico Eni, allo scopo di creare una connessione tra l’azione diplomatica italiana e gli interessi dell’azienda petrolifera italiana. Dalla lettura del documento [1], rivelato da un’inchiesta di Re:Common, [2] si intuisce che la Farnesina, ritenendo strategico il settore dell’energia, ha creato di fatto uno scambio reciproco di dipendenti e collaboratori i quali possono agire liberamente e illimitatamente, rendendoli totalmente indipendenti e liberi di interagire tra loro, scambiarsi informazioni sia politiche che commerciali e gestire in parte gli apparati diplomatici italiani determinando, in alcuni casi, missioni militari all’estero di cui molte ancora in corso come quella nel Golfo di Guinea, dal costo complessivo di 8,9 milioni di euro. Dall’inizio del 2009, i manager dell’Eni di istanza al Ministero degli Affari Esteri sono stati: Giuseppe Ceccarini, Alfredo Tombolini e Sandro Furlan. In coincidenza con il loro impiego al ministero, sono state prese importanti decisioni sugli investimenti italiani in paesi come Russia [3] e Mozambico [4].

Il 2021 sarà un anno importantissimo per la politica energetica italiana dove  il nostro paese sarà co-presidente della prossima COP26, (la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), e del G20 dove principalmente si discuterà di finanziamenti pubblici e nuovi progetti dove è facile intuire che Eni avrà un posizione privilegiata nell’abito di questi negoziati.