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Dopo aver rischiato di sparire, il Lago d’Aral sta gradualmente rinascendo

Il Lago d’Aral [1], situato alla frontiera tra l’Uzbekistan ed il Kazakistan, dopo aver rischiato di sparire sta gradualmente rinascendo grazie al piano di recupero avviato negli anni Novanta dalle autorità del Kazakistan. Nel 2005 è stata costruita una diga per proteggere il “Piccolo Aral”, un bacino generatosi nella sezione settentrionale del lago. Da allora vi sono stati immessi oltre 30 miliardi di metri cubi d’acqua, l’acqua che un tempo lambiva la città di Aralsk oggi dista ancora 20 chilometri dal porto, ma c’è fiducia sul fatto che l’Aral possa tornare ai livelli del passato. Inoltre, anche l’inquinamento del territorio si sta progressivamente riducendo. Infatti, per bonificare il terreno sono stati piantanti dei piccoli alberi autoctoni, i “saxaul”.

Il Lago d’Aral, che in passato era considerato il quarto specchio d’acqua più grande del mondo, ha rischiato di scomparire a causa della coltivazione intensiva di riso e cotone. Quest’ultima fu avviata nel 1960 dall’Unione Sovietica e, data l’aridità tipica del posto, per irrigare le piantagioni si decise di modificare il corso degli affluenti del lago. Da allora, il lago iniziò a prosciugarsi, riducendosi progressivamente del 75% e trasformandosi in un deserto inquinato e tossico, pieno di sostanze nocive utilizzate dagli agricoltori. Inoltre, a causa dei forti venti, iniziarono a scatenarsi delle tempeste di polveri tossiche che misero a rischio, oltre che l’ambiente, anche la salute degli abitanti del posto.