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Nella notte le bombe “democratiche” americane sono tornate a colpire la Siria

Dopo appena 37 giorni di mandato presidenziale Joe Biden ha ordinato il primo bombardamento. L’attacco si è svolto alle ore 2:00 italiane. Il quotidiano arabo Al-Arabiya [1] riporta che sono state colpite postazioni situate nell’est della Siria, nei pressi del confine con l’Iraq, utilizzate da milizie sostenute dall’Iran, tra cui le cosiddette “Brigate di Hezbollah” e Kaitaib Sayyid al-Shuhada, ritenute essere tra le responsabili dei diversi attentati perpetrati contro obiettivi statunitensi in Iraq. Nell’attacco sono rimasti uccisi almeno 22 combattenti siriani.

L’azione degli Usa arriva proprio mentre si cerca di rimettere in atto l’accordo nucleare con l’Iran. Inoltre rivela la nuova strategia di Biden, che era già stata annunciata [2] l’8 febbraio scorso: «rimanere in Siria per la lotta al terrorismo e non per la salvaguardia dei giacimenti petroliferi». Il riferimento è alla strategia dell’ex presidente Trump, il quale aveva ritirato buona parte dei militari, ammettendo limpidamente [3] che avrebbe lasciato alcune truppe in Siria «solo per il petrolio». Intatti le truppe Usa sono ad oggi schierate solo a protezione di alcuni pozzi petroliferi nella zona di confine con l’Iraq. Biden non ha alcuna intenzione di smettere di occuparsi del petrolio (che ovviamente dovrebbe appartenere al governo siriano e non agli Usa) ma intende riprendere anche la “lotta al terrorismo”, strategia che fino ad oggi non ha mai dato buoni risultati quantomeno negli obiettivi pubblicamente dichiarati.