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Nell’ultimo anno 331 attivisti per i diritti umani sono stati uccisi nel mondo

Almeno 331 dal primo gennaio al 30 dicembre 2020, quasi uno al giorno. Questo il conto degli attivisti per i diritti che sono stati uccisi nel mondo nell’ultimo anno, secondo un rapporto pubblicato [1] da Front Line Defenders. Il 69% degli attivisti uccisi lottava per i diritti dell’ambiente, della terra o delle popolazioni indigene. Il continente dove gli operatori in difesa dei diritti umani sono più in pericolo si conferma l’America Latina, in particolare oltre la metà delle uccisioni globali (177) si sono verificate in Colombia, dove attivisti e leader sociali delle comunità indigene e contadine sono abitualmente presi di mira da gruppi armati [2]. Seguono le Filippine con 25 uccisioni, poi Honduras, Messico, Afghanistan, Brasile e Guatemala. Molto spesso, rileva il rapporto, gli attivisti uccisi si occupano semplicemente di fornire aiuti a fasce svantaggiate o minoranze della popolazione, andando a colmare lacune nell’assistenza da parte dello stato.

Il rapporto rileva altri dati interessanti. Gli attivisti indigeni rappresentavano quasi un terzo del totale di 331 difensori dei diritti umani uccisi in tutto il mondo, anche se le popolazioni indigene costituiscono solo il 6% circa della popolazione mondiale. Un numero significativo di persone uccise stava lavorando per fermare i progetti dell’industria estrattiva. Il 13% di tutte le vittime registrate erano donne. Nel 2020 sono stati uccisi anche venti difensori dei diritti umani che lavoravano sulla lotta alla corruzione, la cifra più alta mai documentata.