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Usare le nanotecnologie per depurare le acque inquinate non è più fantascienza

Usare le nanotecnologie per depurare le acque inquinate non è più fantascienza. Lo dimostra Nanobond, il nuovo progetto firmato dall’Università di Siena e finanziato dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale: nanomateriali verranno impiegati per bonificare le fonti contaminate, restituendo loro l’originaria salubrità. Si tratta di un traguardo doppiamente innovativo, che permetterà non solo di rendere le acque cristalline senza bisogno di impianti di depurazione costruiti ad hoc ma anche di impiegare materiali rigorosamente ecosostenibili. Noto come “nanoremediation“, il sistema prevede infatti la combinazione di membrane geotessili drenate con nanotecnologie ricavate da carta da macero e scarti di origine agricola come tuberi, per questo ecosostenibili, da cui si ricavano delle nanospugne adoperate come filtro per decontaminare le acque. Le fasi del progetto, dal nome completo “Nanobond, nanomateriali per la bonifica associata a dewatering di matrici ambientali”, sono due: ad un primo filtraggio meccanico con materiali geotessili segue un processo più minuzioso di decontaminazione tramite nanospugne. Si rendono quindi inutili i grandi impianti di depurazione, da cui deriva l’economicità di un’idea facile da utilizzare. Lo studio ha altresì colmato delle lacune nella legislazione dei nanomateriali per la bonifica, fornendo i dati necessari per regolamentarne la pratica.

L’Università di Siena non sottoporrà a brevetto il sistema elaborato: poiché si tratta di un progetto finanziato con fondi pubblici, esso sarà generosamente messo alla portata di tutti.