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Gran parte delle microplastiche che inquinano l’Artico provengono dal bucato

La maggior parte delle microplastiche che inquinano l’artico proviene dal lavaggio di indumenti sintetici europei e nord americani. Lo afferma la ricerca [1] pubblicata sulla rivista Nature Communications che ha preso in considerazione 96 campioni d’acqua. 71 di questi erano stati prelevati in superficie (3-8 metri) in una vasta area estesa tra Norvegia, polo nord e alto artico canadese. Altri 26, invece, erano stati prelevati, fino a 1.000 metri di profondità nel Mare di Beaufort, a nord dell’Alaska. I risultati hanno mostrato una media di 40 particelle microplastiche ogni metro cubo d’acqua; più del 92% delle particelle erano fibre e il 73% di queste erano realizzate in poliestere.

Lo strato superficiale (3-8 m) di acqua di mare è un’area biologicamente importante dove si trovano fitoplancton, zooplancton, piccoli e grandi pesci, uccelli e mammiferi marini in cerca di cibo.

Analisi precedenti [2] avevano stimato che 3.500 tonnellate di microfibre di plastica, provenienti dal lavaggio dei vestiti americani e canadesi, finiscono in mare ogni anno. Altri modelli, invece, suggerivano che la plastica scaricata nei mari intorno al Regno Unito [3]venisse trasportata nell’Artico in 2 anni.

Le persone consumano microplastiche anche attraverso cibo, acqua e aria, sebbene l’impatto sulla salute non sia ancora noto. Con la plastica recentemente scoperta nel punto più profondo della Terra, la Fossa delle Marianne e la vetta del Monte Everest, è chiaro che i rifiuti dell’umanità hanno inquinato l’intero pianeta.