L’insicurezza alimentare colpisce molto di più chi vive in montagna, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Negli ultimi 20 anni, il numero delle persone a rischio è aumentato esponenzialmente: nel 2000 erano 243 milioni; ma nel 2017 il numero è aumentato quasi del 50%, fino ad arrivare a 350 milioni. Secondo una ricerca [1] condotta dalla Fao (Food and Agricolture Organization) pubblicata l’11 dicembre in occasione della Giornata Internazionale della Montagna, si tratta di un fenomeno causato soprattutto dai cambiamenti climatici e dal progressivo degrado ambientale, il quale riguarda specialmente chi vive ad un’altitudine compresa tra i 500 e i 2500 metri.
Una tendenza negativa che sta portando gli ecosistemi montani a diventare sempre più fragili. Tra le cause scatenanti i cambiamenti demografici e l’inquinamento, ma soprattutto l’eccessivo sfruttamento del suolo – con pratiche agricole non sostenibili e lo sfruttamento intensivo delle risorse idriche sotterranee – e il suo conseguente degrado. Una situazione che va a scapito della sostenibilità della produzione agricola, dell’allevamento degli animali e della sicurezza dell’acqua. Il tutto viene poi aggravato dagli eventi atmosferici estremi dovuti al cambiamento climatico –come i lunghi periodi di siccità i quali minacciano anche i mezzi di sussistenza delle persone. Un problema non indifferente, dato che le aree montane costituiscono il 30% della biodiversità globale, da cui ha origine tra il 60 e l’80% delle risorse di acqua dolce mondiali.