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In Bosnia c’è una crisi umanitaria di cui non si parla

Nel cantone di Una-Sana, uno dei 10 appartenenti alla Federazione di Bosnia ed Erzegovina, è in corso una grave crisi umanitaria. I migranti e i richiedenti asilo vivono in condizioni disumane, senza beni di prima necessità e spesso subendo violenze da parte della polizia. Per questo motivo Dunja Mijatović, Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha indirizzato una lettera [1] al presidente del Consiglio dei ministri della Bosnia Erzegovina Zoran Tegeltija e al ministro della Sicurezza Selmo Cikotić, per sollecitarli a farsi carico della situazione.

Ci sono oltre 3.000 persone fra migranti e richiedenti asilo che provengono da Medio Oriente, Africa e Asia dopo aver percorso la cosiddetta “rotta balcanica” che non hanno un alloggio. Le strutture previste per accoglierli sono inadeguate e insufficienti. Il campo di Lipa, ad esempio, seppur provvisorio, è sovraffollato e non adatto a reggere il freddo invernale. Non a tutti i migranti è garantito un letto, né cibo o assistenza sanitaria. Nel resoconto di ottobre dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unchr) risulta infatti che oltre 2.000 rifugiati devono cercare riparo in palazzi abbandonati, tende o addirittura all’aperto. Fra questi ci sono anche circa 500 minori, il più delle volte soli e affidati ad individui estranei alla parentela. La Mijatović rimprovera poi alla Bosnia di avere delle procedure troppo lunghe (più di 300 giorni) per i richiedenti asilo.