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Huawei partecipa alla repressione degli Uiguri con il riconoscimento facciale

Huawei, insieme a Megvii, una delle più grandi società cinesi che si occupa di intelligenza artificiale, ha testato un nuovo sistema di riconoscimento facciale. La tecnologia messa a punto potrebbe essere utilizzata per rilevare nel paese la presenza di Uiguri, membri di un gruppo musulmano di minoranza, e allertare le autorità.

Il software, infatti, sarebbe in grado di determinare l’etnia dell’individuo analizzandone i suoi tratti facciali, facendo attivare una sorta di “allarme Uiguro” ogni volta che il sistema individua qualcuno appartenente a quel gruppo.

È quanto scoperto da IPVM [1], una società di ricerca con sede negli Stati Uniti focalizzata sull’analisi della videosorveglianza. È stato il The Washington Post, poi, a divulgare per primo il contenuto dei documenti.

Chi sono gli Uiguri?

Si tratta di un gruppo musulmano preso di mira dal governo cinese, che vive principalmente nella regione occidentale dello Xinjiang. I dati dicono che fino ad ora siano stati arrestati fino a un milione di Uiguri e rinchiusi in campi di detenzione. Testimonianze raccontano di torture, stupri, sterilizzazione forzata nei confronti delle donne ed esperimenti medici. I funzionari dei campi costringerebbero gli Uiguri ad abbandonare la loro cultura e ad adottare le usanze cinesi, come imparare la lingua. Le autorità sostengono di essere costretti ad agire in questo modo perché temono che gli Uiguri siano terroristi ed estremisti religiosi, pur negando ogni maltrattamento.

Aggiornamento del 14\12\2020:

Nonostante le accuse mosse da IPVM e The Washington Post, non esiste ad oggi una documentazione ufficiale in grado di dimostrare la colpevolezza di Huawei. Nonostante effettivamente in Cina vada avanti da tempo una repressione nei confronti degli Uiguri, non ci sono prove certe a dimostrare la complicità della società tecnologica cinese. Huawei stessa si è difesa lasciando una dichiarazione alla BBC: “It is not compatible with the values of Huawei. Our technologies are not designed to identify ethnic groups.”