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Caso Regeni: l’Egitto non collaborerà con la procura italiana

L’Egitto non collaborerà con l’Italia sul caso Giulio Regeni, ricercatore italiano scomparso il 25 gennaio 2016, mentre lavorava al Cairo. Lo ha confermato lunedì, un documento congiunto tra il procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, e l’omologo del Cairo, Hamada Al Sawi, che spiega le posizioni divergenti delle due procure. Il processo romano si svolgerà quindi senza la collaborazione dei magistrati egiziani, che hanno invece deciso di procedere autonomamente, nei confronti di chi rubò gli effetti personali di Giulio; l’accusa nei confronti dei 5 agenti della National Security (servizio segreto civile egiziano) sarà semplicemente di furto. La procura del Cairo, infatti, ha valutato che non ci fossero «prove sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio».

Roma ha chiuso la sua inchiesta ed i 5 accusati  saranno processati per aver rapito, torturato ed ucciso Giulio Regeni. “Se da un lato apprezziamo la determinazione dei nostri procuratori che hanno saputo concludere le indagini, senza farsi fiaccare né confondere dai tentativi di depistaggio egiziani”, hanno comunicato lunedì i genitori di Giulio, “dall’altro, non possiamo che stigmatizzare di nuovo la costante e plateale assenza di collaborazione da parte del regime». Per questo motivo Paola e Claudio Regeni, insieme al loro avvocato Alessandra Ballerini, continuano a chiedere il ritiro dell’ambasciatore italiano in Egitto.