giovedì 18 Aprile 2024

Il primo farmaco contro l’Alzheimer approvato negli USA, ma ci sono molti dubbi

Il processo di approvazione della FDA (Food and Drug Administration) risulta essere “pieno di irregolarità”: è questa una delle osservazioni contenute in un recente rapporto del Congresso degli Stati Uniti (l’organo legislativo del Governo federale) con cui è stata posta la lente di ingrandimento sul farmaco per l’Alzheimer denominato Aduhelm, che nel giugno del 2021 ha ricevuto l’ok da parte dell’organo statunitense. Un via libera controverso nei cui confronti non possono non esservi dubbi e perplessità, visto che i problemi emersi dal rapporto sembrano alquanto rilevanti. “I documenti e le informazioni ottenute dai Comitati, inclusa la revisione interna della FDA, mostrano che il processo di revisione e approvazione di Aduhelm da parte dell’agenzia era altamente atipico e si discostava dalle linee guida e dalle procedure della FDA in ambiti significativi”: questo si legge infatti nel rapporto – che precisamente contiene i risultati di un’indagine di due Comitati del Congresso americano – in cui vengono poi illustrate le vicende alla base di tale affermazione. Tra queste, certamente da menzionare è la collaborazione tra FDA e Biogen nel processo di approvazione del farmaco, che “ha superato la norma per alcuni aspetti”.

Nel giugno 2019 – dopo che Biogen aveva inizialmente interrotto gli studi clinici di Aduhelm a causa di un’analisi che aveva considerato inutile proseguire le ricerche – la FDA e Biogen hanno infatti avviato un “gruppo di lavoro” sul tema, dando vita ad una collaborazione che sembra alquanto eccessiva: il rapporto infatti documenta oltre 115 incontri, chiamate e scambi di mail avvenuti tra l’azienda e il personale dell’agenzia tra il luglio del 2019 e quello del 2020. Successivamente, la FDA ha collaborato con Biogen per redigere un documento da presentare al comitato consultivo indipendente della stessa agenzia, riunitosi nel novembre 2020. Una riunione in cui nessuno dei membri del comitato ha sostenuto che gli studi presentassero una forte evidenza a sostegno dell’efficacia del farmaco nei confronti dell’Alzheimer. Una decisione che però non ha impedito al farmaco di ottenere l’approvazione, visto che – dopo che per nove mesi la FDA aveva deciso di rifarsi al “percorso di approvazione tradizionale” – ha “cambiato bruscamente rotta e ha concesso l’approvazione in base al percorso di approvazione accelerato“, che prevede requisiti meno rigorosi: del resto, l’autorizzazione del farmaco si basa sull’evidenza che esso possa ridurre le placche cerebrali considerate un segno distintivo dell’Alzheimer, ma non sulla prova che esso rallenti la progressione della malattia. Per non parlare poi del fatto che “la FDA ha approvato Aduhelm per il trattamento di ‘persone con malattia di Alzheimer'”, definizione con cui viene rappresentata “una popolazione molto più ampia di quella oggetto degli studi clinici di Biogen”.

Il rapporto, inoltre, si sofferma altresì sui processi che hanno portato alla determinazione del prezzo del farmaco e alla sua commercializzazione, ed anche in questo caso ciò che emerge sembra essere tutt’altro che rassicurante. Infatti, viene sottolineato che “i documenti ottenuti dai Comitati mostrano che Biogen considerava l’Aduhelm un’opportunità finanziaria senza precedenti, stimando un potenziale picco di entrate di 18 miliardi di dollari all’anno, e ha sviluppato piani di lancio e marketing aggressivi per massimizzare le entrate durante tutto il ciclo di vita del farmaco”. “Questi documenti interni mostrano che Biogen ha inizialmente fissato il prezzo di Aduhelm a 56.000 dollari all’anno”, si legge inoltre nel rapporto, che non solo lo definisce un “prezzo ingiustificatamente alto” ma precisa altresì come tutto ciò sia stato fatto “nonostante la mancanza di benefici clinici dimostrati in un’ampia popolazione di pazienti e l’impatto finanziario previsto sui pazienti e sul programma Medicare”, l’assicurazione sanitaria federale. Nel rapporto, infatti, viene specificato che la società ha fissato il prezzo iniziale – ridotto solo dopo diversi mesi a 28.000 dollari – pur sapendo che avrebbe costituito un problema importante per Medicare.

Venendo poi alle reazioni dei diretti interessati, mentre da un lato Biogen ha affermato di «sostenere l’integrità delle azioni intraprese», dall’altro la FDA ha dichiarato – secondo quanto riportato dal The Guardian – di aver già «iniziato ad attuare modifiche coerenti con le raccomandazioni del comitato». Affermazioni rassicuranti dunque, se non fosse che proprio negli scorsi giorni l’organo statunitense ha approvato in maniera accelerata il Leqembi, un altro farmaco anti-Alzheimer prodotto da Biogen e dalla società biofarmaceutica Eisai sul quale parimenti sembrano esservi dubbi. Come sottolineato all’interno di un articolo pubblicato dalla rivista scientifica Nature, infatti, a gettare un’ombra sul via libera al farmaco sono stati alcuni decessi segnalati e potenzialmente legati al trattamento. La nuova approvazione, insomma, non sembra rappresentare il modo migliore con cui rispondere alle evidenze emerse dal rapporto.

[di Raffaele De Luca]

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1 commento

  1. Anche Leqembi comincia a causare le prime vittime. (Da doccheck.com). Si tratta di una terapia a base di anticorpi e si sa, essendo gli anticorpi delle proteine, per l’esattezza gamma-globuline, possono scatenare reazioni immunitarie gravi ed imponenti, talvolta anche mortali. A Big Pharma ciò interessa relativamente poco ed anche se le terapie funzionano male (riduzione delle placche di amiloide tra il 22 ed il 27% senza un obiettivo aumento delle capacità intellettive dei pazienti), l’importante e’ fare cassa; e per fare cassa si comprano alla bisogna medici, per così dire, accondiscendenti, l’EMA, la FDA e anche, se dovesse servire, l’OMS. Tanto i soldi non mancano.

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